giovedì 26 agosto 2010

Napolitano e Marchionne

Cari Amici,


 ha fatto bene il Presidente della Repubblica a prendere pubblicamente posizione sul caso Fiat? Oppure ha perso un'ottima occasione per tacere? Di che si impiccia il Capo dello Stato? Perchè interviene su un caso giudiziario ancora aperto e dai contorni non chiari? Attenda serenamente l'esito della vicenda e non ficchi il naso in questgioni più grandi di lui, dicono i suoi oppositori.


Al di là delle polemiche politiche e sindacali resta il fatto che Marchionne, e con lui buona parte della Confindustria, intende modificare profondamente le relazioni sociali nel mondo del lavoro. Agita la scure della delocalizzazione per cancellare alcune conquiste dei lavoratori ma soprattutto per ridurre il ruolo della Fiom nel mondo sindacale.


Ha ragione, ha torto? I nostri lavoratori godono di privilegi che i colleghi di altri paesi non hanno più? Veramente il nostro sindacato è un'isola felice che galleggia tra le difficoltà degli operai che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese? La tattica del 'divide et impera' , in questo caqso allontanare i lavoratori dai loro rappresentanti,  funziona sempre. Ma sempre tatica è, la strategia ci insegna qualcosa di diverso. Vediamo


Secondo un recente studio pubblicato dalla Bri, la Banca dei regolamenti internazionali, nel 1983, all'apogeo della Prima Repubblica, la quota del prodotto interno lordo italiano intascata alla voce profitt, era pari al 23,12 per cento. Di converso, quella destinata ai lavoratori superava i tre quarti. Venticinque anni dopo la quota dei profitti sale al  31,34 per cento del Pil, quasi un terzo. Ai lavoratori, rimane  in tasca poco più del 68 per cento della ricchezza nazionale. Otto punti in meno, rispetto al 76 per cento di vent'anni prima.


Dunque, negli ultimi 25 anni i profitti hanno tolto spazio al lavoro. E allora, di che si lamentano Marchionne, Marcegaglia e compagni? Parlano di inefficenze del nostro sistema produttivo, che ci sono, è vero, ma gli utili continuano a crescere. Vorrebbero più produttività, a scapito dei posti di lavoro. Non sarebbe il caso di ripensare con serietà come ricostruire l'intero sistema delle relazioni socioeconomiche nel Paese?


Un caro saluto


                                            Gianfranco


    

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